IL VANGELO SECONDO MATTEO NEI LUOGHI DELLA TUSCIA

 Rivedendo Il Vangelo secondo Matteo,  film capolavoro del 1964 diretto da Pasolini, non ci si può non soffermare a riflettere sulla figura di un grande poeta, scrittore e regista e con piacere ricordare come egli amasse i luoghi della Tuscia.

Il film è una riproposizione molto fedele del Vangelo secondo Matteo, la cui versione è ritenuta dal regista quella che più d’ogni altra risalta l’umanità del Cristo. Si ripercorrono le tappe della vita di Gesù: la nascita, la fuga in Egitto, il battesimo di Giovan Battista fino alla morte e alla resurrezione. Non vi sono variazioni nella storia, i dialoghi sono rigorosamente quelli dettati dal Vangelo nella versione dell’apostolo, mentre  tutte le vicende più significative narrate nel film sono affidate ad un linguaggio sonoro raffinato. Ne esce una sorta di film poesia.

Il regista utilizza attori rigorosamente  non professionisti e comparse scelte tra la locale popolazione contadina. Molti gli amici che partecipano alle riprese. Un film che vuole dare il senso della poesia che c’è nel Vangelo, tradotto fedelmente in immagini, senza alcuna omissione o aggiunta al racconto per non violare l’altezza poetica del testo .

Pasolini riprende, con primi piani ravvicinatissimi, i volti dei contadini e dei pescatori dell’Italia degli anni ‘60, personaggi sdentati, con la faccia vissuta del lavoro. Mentre Cristo è impersonato da uno studente catalano, conosciuto per caso sul set e in Italia per cercare appoggi alla lotta contro il regime franchista, mentre svolge una tesi sulla poesia di Pasolini, . Egli non ha i lineamenti romantici dell’iconografia rinascimentale di Cristo, ma quelli più severi e duri di un Cristo poco pacificatore, con molti tratti di dolcezza ma che sorride pochissimo e reagisce con rabbia all’ipocrisia. Un Cristo umano, non divino.

Dopo un sopralluogo in Palestina, Pasolini sceglie come set cinematografico diverse località dell’Italia centro meridionale per ricostruire i luoghi dove realmente le vicende narrate si erano svolte: prima tra tutte la desolante nudità dei Sassi di Matera, ma alcune brevi sequenze vengono girate nella Tuscia, in particolare negli ambienti rupestri presso Chia e a Tuscania. E pare che proprio in occasione delle riprese a Chia, Pasolini si innamori della Torre Medievale abbandonata e maturi l’idea di acquistarla.

Chia, borgo ormai semiabbandonato, così desolato quanto affascinante, è una frazione di Soriano nel Cimino, di circa 400 persone posto a circa 300 mt slm che si erge in posizione panoramica sulla valle del Tevere. L’antico nucleo (circa 1100 d.C.), seppure attualmente fatiscente e in completo abbandono, conserva ancora la sua pianta originale e ha un notevole interesse storico.
L’acquisto della Torre da parte del regista si realizza nell’autunno 1970. Pasolini provvederà al restauro, e vi soggiornerà spesso negli ultimi anni di vita. Costruì ai piedi della Torre una casetta con grandi vetrate, un luminoso studio e una cucina.

Quando fu presentato, nel 1964, il film fu ampiamente apprezzato e premiato dalla critica cattolica quanto duramente contestato dalla sinistra, scatenando un aspro confronto intellettuale.

Due anni dopo, per il set di Uccellacci e Uccellini con un originale Totò a ormai a fine carriera che esce dai suoi soliti personaggi per dar vita a un’interpretazione grottesca e surreale, il poeta regista Pierpaolo Pasolini si sposta a Tuscania per riprendere le scene di ambientazione medievale del film. Bellissima la fotografia.

In una intervista rilasciata da Pasolini nel 1974, sotto la Torre di Chia, al giornalista Gideon Bachmann, egli diceva “Questa regione, che per miracolo si è finora salvata dalla industrializzazione, questo Alto Lazio con questa Viterbo e i villaggi intorno, dovrebbero essere rispettati proprio nel loro rapporto con la natura. Le cose essenziali, nuove, da costruire, non dovrebbero essere messe addosso al vecchio. Basterebbe un minimo di programmazione. Viterbo è ancora in tempo per fare certe cose.”

 E Pasolini ha amato veramente Viterbo e la Tuscia; e in cambio il patrimonio culturale, la visione del mondo e della vita e l’anima del grande regista vivono ancora nella maggior parte di noi.

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