Visitare Villa Lante a Bagnaia
Villa Lante
Bagnaia è un caratteristico borgo medievale alle porte della città di Viterbo. Superato il ponte di ingresso alla piazza principale è possibile recarsi in visita alla famosa Villa Lante. La costruzione della villa risale alla metà del Cinquecento su un probabile progetto del Vignola e per volontà del cardinale Giovan Francesco Gambara, vescovo di Viterbo. Si tratta di una rara composizione di residenze, parco e giardino all’italiana. Il ripido pendio del terreno, ridotto a terrazze con fontane, vasche decorate, cascate e giochi d’acqua, termina nel giardino posto sotto la villa, in un parterre dal quale si ammira il prospetto delle palazzine che formano le quinte di un simbolico palcoscenico. Elemento protagonista e conduttore è l’acqua, proveniente da una sorgente dei monti Cimini. Dal terrazzo più alto del parco, reso alquanto suggestivo dalla Fontana del Diluvio, ricavata in una roccia ricoperta da una lussureggiante vegetazione, l’acqua, seguendo il pendio, alimenta per caduta naturale e con percorso rettilineo le fontane sottostanti. Dalla fontana dei Delfini ha inizio una singolare Catena a forma di gambero fino all’inferiore fontana dei Giganti (simboleggianti l’Arno e il Tevere) che precede un’originale vasca, detta tavola del Cardinale, dai bordi spaziosi per consentire l’appoggio di vivande durante i convitti all’aperto. Dalla balaustra della fontana dei Lumini si gode una splendida vista del giardino all’italiana, uno dei più famosi al mondo, con al centro la fontana del Quadrato, dominata dal gruppo dei Quattro Mori. Le due palazzine (attualmente visitabili solo le logge) presentano all’interno un interessante ciclo di affreschi.In quella di destra (edificata al tempo del cardinal Gambara) i dipinti manieristici della Scuola degli Zuccari e di Antonio Tempesta si distendono su pareti e soffitti con storie mitologiche e religiose, scene di caccia e paesaggi, tra cariatidi e grottesche. La palazzina Montalto, a sinistra,venne completata intorno al 1590 e decorata agli inizi del Seicento da Agostino Tassi e dal Cavalier d’Arpino.