Il Monte Cimino

Il Monte Cimino, con i suoi oltre 1000 mt di quota (1053 mt s.l.m.) è un vulcano ormai estinto da millenni, il più alto del Lazio. L’attività vulcanica di questa montagna avvenne probabilmente tra la fine del Terziario e l’inizio del Quaternario, quasi due milioni di anni fa, quando la zona era ancora ricoperta dal mare.
Il Cimino, emergente dalle acque marine, era un’isola montuosa. Successivamente, grazie agli eventi naturali dei periodi di glaciazione e disgelo e al sollevamento della Valle del Tevere, il Cimino si saldò lentamente con le altre isole vulcaniche tosco-laziali e con i monti dell’Appennino, giungendo a plasmare la zona come noi oggi la vediamo.
Le pendici del Cimino e delle altre alture sono ricoperte da una ricca vegetazione che rende il paesaggio dolce e armonioso. Nelle zone più basse, fino ai 500 mt di quota, sono frequenti i boschi di quercia ed estese coltivazioni di olio, vite e soprattutto nocciolo. Man mano che si sale, dai 500 ai 950 mt, prevalgono i boschi di castagno e altre essenze arboree (agrifoglio, cerro, nocciolo selvatico, ciliegio selvatico, ginepri). Dai 950 mt in poi si trova la maestosa foresta di faggi secolari, per quasi 58 ettari, una tra le più belle dell’Italia centrale, con piante ultracentenarie. Nei boschi si trovano i prelibati funghi dei Monti Cimini. Tra quelli commestibili i più comuni sono i porcini, i prataioli, gli olivi, i galletti. La raccolta dei funghi, come quella delle fragole e degli asparagi, è disciplinata da una legge regionale che prevede una quantità massima giornaliera di tre chilogrammi per persona, purché munita di regolare permesso rilasciato dalle autorità competenti.
Attorno al Monte Cimino, come in ogni luogo magico, frequente è il ricorso ai miti classici: fra le leggende quella di Ercole che salì su questo monte e diede la sua prova di forza conficcando la clava nella terra, facendo sgorgare tanta acqua che ne nacque il lago di Vico. Mentre della storia antica fa parte la famosa traversata della Selva Cimina “selva impraticabile e orribile” come racconta Tito Livio quando nel 310 a. C. vi passarono le milizie romane guidate dal console Quinto Fabio Rulliano.

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